Non basta fare biciclette su misura.

Occorre anche il giusto “senso della misura”,

ovvero il giusto compromesso

tra una tecnologia d’avanguardia

ed un’esperienza della tradizione.

Questo senso della misura,

questo senso dell'equilibrio e della proporzione,

fa sì

che una bicicletta divenga

una ”bicicletta d’elite”

per una

“clientela d’elite”...

Mario Camilotto

I primi anni

Mario Camilotto nasce nella piccola borgata di San Nicolò a Salgareda (TV) il 15/08/1946.

All’età di soli tre anni riceve la sua prima bici, costruita in casa dal padre, estroso tuttofare all’epoca responsabile dell’officina sulla Reggia nave Quarnaro.

young mario

Fin da piccolo Mario era solito visitare l’officina della Cicli Piave di Augusto Michelin a Santa Lucia di Piave (TV), sempre in compagnia della figura paterna.

Cresce con la passione della bicicletta, pedalando sulle polverose strade della sua terra; un vero razza “Piave”, come i celebri corridori di quegli anni: Dino Zandegù, Guido Derosso, Vendramino Bariviera e Gianni Roma.

Un malore lo costringe suo malgrado ad abbandonare il mondo delle biciclette e decide quindi di dedicarsi al gioco del calcio.

All’età di soli quattordici anni inizia a lavorare alla Zoppas di Conegliano, dove già comincia a prendere confidenza con i vari metodi di saldatura e le macchine utensili.

La bici continua ad accompagnarlo nei lunghi tragitti casa-lavoro, circa 50 km al giorno.

Pratica sempre il gioco del calcio con profonda passione, ottenendo fin da subito ottimi risultati e arrivando a giocare nel campionato semi professionista con il Conegliano Veneto all’età di ventiquattro anni.

Continua a lavorare in Zoppas applicandosi nel settore meccanico fino alla promozione al settore tecnologia ed innovazione grazie alla sua manualità ed intelligenza.

L'officina è il suo mondo

Viaggio a Milano

Nel 1976 compiuti trenta anni si trasferisce a Milano ed inizia la sua avventura calcistica nel Palazzolo, con l’obiettivo di giocare nel vivaio del Milan, ma l’opportunità gli viene negata a causa della sua età.

Nel frattempo si sposa con Lea, unione che continua tutt’oggi, e lavora alla Nardi per quasi due anni, fino al 1978, quando a malincuore è costretto ad interrompere il rapporto lavorativo, nonché personale, con l’allora proprietario Gianni Nardi.

Abbandonata la carriera calcistica, torna al suo primo amore, la bicicletta, coniugando questa passione alla ormai decennale esperienza nei lavori di meccanica.

L'inizio del sogno

Bussa così alla porta del Maestro Sante Pogliaghi, un uomo schivo ed introverso ma che riconosce in lui la sua stessa caparbietà e volontà e decide quindi di tenerlo a bottega.

Mario sarà l’unico ad avere questo privilegio.

“Mi avvicinai a Sante Pogliaghi, vecchio costruttore, uomo semplice ma di grande umanità e saggezza, cresciuto in un’epoca non consumistica, che nel tempo aveva realizzato se stesso. Capii che avevamo molto in comune e che potevo con lui imparare a lavorare con passione”.

Si mangia con la “schiscetta” sulla cattedra, parlando di tutto, ma sempre con il massimo rispetto.

Sono giorni bellissimi in cui Mario non solo impara l’arte della bicicletta ma anche l’arte della vita.

In questo periodo Mario lavora a tempo pieno alla Oerlikon, azienda leader nella produzione di armi, svolgendo lavori di estrema precisione.

Tutte le sere e i fine settimana sono dedicati all’apprendimento dei principi e dei segreti di Pogliaghi.

Notando la sua maniacale attenzione per i dettagli, la sua estrema capacità nei lavori di precisione, nonché la sua familiarità con le attrezzature meccaniche, Sante gli affida in breve la realizzazione delle biciclette da pista, in particolare tandem e stayer.

Il rapporto tra i due non è semplicemente lavorativo ma affettivo come tra padre e figlio, fondato su reciproca fiducia ed affetto, un po’ come tra il grande Ottavio Bottecchia ed Alfonso Piccin.

Nonostante l’intera settimana sia già occupata da due lavori, Mario decide di creare qualcosa di suo, ritagliandosi nelle ore notturne il tempo necessario per farlo.

Il box del suo appartamento diventa così il suo primo laboratorio, dove salda i primi telai per sè e per la moglie Lea.

Dopo tanti anni trascorsi nei reparti meccanici delle varie aziende è un gioco da bambini per Mario costruirsi tutte le dime necessarie.

La scommessa

Accumula nozioni ed attrezzature, finché nel 1983, in concomitanza con la chiusura della bottega di Sante Pogliaghi, Mario apre finalmente il suo laboratorio, in un seminterrato di 200mq via delle Primule.

Investe in questa avventura ogni risparmio e ogni ritaglio di tempo, con cinque giovani ragazzi che lo aiutano nei lavori di preparazione.

Expert’s si chiamerà, roba per intenditori insomma.

Costruisce da solo il piega forcelle e inventa di suo ingegno dime per ogni fase di lavorazione del telaio.

Mario non è solo amante della precisione, ma un esteta che trasferisce nelle sue creazioni tutto il suo amore per le proporzioni e l’attenzione per i dettagli: la grafica di pantografie e decalcomanie, così come la disposizione dei numeri seriali su telaio e forcella, si rifà alle scelte stilistiche dell’ultimo Pogliaghi, ma è al contempo unica e contemporanea.

Mario elabora una sua filosofia costruttiva figlia del suo ingegno e degli anni trascorsi con Sante. Gli steli per le forcelle vengono ordinati dal cugino di Pogliaghi, Francesco Brambilla, che conifica tubi Mannesmann e non solo.

Le sue bici non sono solo meccanicamente perfette, ma anche belle nelle proporzioni e nei colori.

Soriani in piazza Lugano a Milano si occupa della verniciatura, come faceva da tempo con i telai di Pogliaghi, compito che passerà successivamente a Carlo Dossena.

Mario salderà circa 400 telai recanti il suo nome, tutti rigorosamente siglati e numerati sul tubo sterzo ed alcuni commissionati dalla nazionale italiana, tra cui lo stayer con cui Mario Gentili vincerà il campionato del mondo dilettanti nel 1986.

La malattia

Nel 1988 le onerose spese per cure mediche personali unite all’affitto per il laboratorio lo portarono ad accettare l’offerta di Cinelli che ne rileva attrezzature e know how, assumendo Mario come telaista interno.

Negli anni in Cinelli Mario si occupa di saldare telai principalmente per il mercato americano e giapponese, in quanto difficili da costruire a causa delle piccole dimensioni, nonché per squadre corsa italiane.

La maggior parte della sua produzione riguarda i Cinelli Supercorsa ma non mancherà di saldare anche piccole serie come i cinque prototipi del Cinelli Passatore, che condurrà il grande Gianni Scandelli nel suo viaggio in Australia nel1989.

I Cinelli saldati da Mario rimangono unici grazie alla piega della forcella e dai tipici forcellini a goccia, di scuola Pogliaghi.

Divergenze con i vertici Cinelli e una nuova idea da sviluppare lo portarono a lasciare l’azienda nel 1991.

Una nuova avventura

Dalla voglia di cimentarsi in nuovi stimolanti progetti, le opportunità di nuovi materiali, e l’intraprendenza di appassionati Imprenditori nasce quindi la FIC, Fabbrica Italiana Compositi a Rosate (MI).

Mario ed i suoi collaboratori impiegano mesi di progettazione e ricerca per mettere appunto il “sistema” che darà vita al telaio più titolato nella storia del carbonio.

Alla FIC infatti verrà progettato e realizzato il primo telaio a congiunzioni full-carbon.

Le congiunzioni sono realizzate a mano fasciando il carbonio attorno a stampi progettati ad hoc e sono quindi assemblate assieme ad un sottile strato di resina epossidica con i tubi in carbonio fresati.

Quindi il telaio viene “chiuso” in dima e cotto in appositi forni.

A differenza di quanto avviene oggi nella costruzione dei telai in carbonio monoscocca, ogni telaio realizzato alla FIC è su misura.

La FIC produrrà una quantità smisurata di telai per più di dieci anni, dalla strada, all’off-road passando per la pista, fino a quando Mario Camilotto a causa di problemi personali deciderà di ritirarsi.

Oggi

Mario oggi ricorda con emozione e nostalgia gli anni da telaista.

Pur consapevole di esser rimasto quasi sempre nell’ombra, Mario non rinnega nessuna delle sue scelte, alcune forzate, altre no.

Porta con se la soddisfazione di aver creato qualcosa di unico, di esser stato al contempo erede e custode della più alta scuola pistaiola italiana: dal Brambilla, al Pogliaghi, ad oggi.

Ci auguriamo che la sua inesauribile voglia di fare lo riporti a creare ancora qualche bel pezzo, nel frattempo cercate nelle vostre cantine, forse siete i fortunati possessori di uno dei

400 Mario Camilotto - Cicli Expert’s

Officina

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